TRA RELIGIONE E CONFINI: CARLO III, IL VATICANO E LA MONARCHIA IN BILICO

La visita di re Carlo III in Vaticano, presentata come un gesto di riconciliazione religiosa, è in realtà molto di più. La preghiera con Papa Leone XIV nella Cappella Sistina, la prima tra un sovrano britannico e un pontefice dopo cinque secoli di diffidenze e ostilità, ha rappresentato l’acme di una strategia pianificata con precisione chirurgica, ideata per rispondere a una duplice fragilità: quella geopolitica di un Regno Unito ridimensionato dopo la Brexit e quella istituzionale di una monarchia attraversata da molti scandali e costretta a reinventarsi in un’epoca post-imperiale e post-sacrale. È il gesto di un sovrano che tenta di restituire senso al proprio ruolo, per evitare alla corona britannica il destino che travolse i Borbone, gli Asburgo, i Romanov, i Savoia e le tante dinastie che, non sapendo o non volendo adattarsi al tempo, finirono per scomparire dal teatro della storia. Quasi sempre la fine della monarchia è ineluttabile, frutto di quella dinamica di enantiodromia per cui ogni potere, superato il proprio apice, genera la forza che lo nega, ma ogni buon sovrano cerca di ritardarne l’esito.


UN RE MALATO E UN REGNO SEMPRE PIÙ DISUNITO

Carlo III, oggi settantaseienne, affronta un cancro che, pur monitorato nel migliore dei modi, ne limita l’agenda pubblica; e anche la principessa del Galles, Kate, lotta contro la malattia, trasformando la famiglia reale in una narrazione di resistenza e coraggio che ha temporaneamente rinsaldato l’affetto popolare. Ma la compassione non basta a compensare la perdita di fiducia in un'istituzione che molti percepiscono come ingiusta, elitarista e decisamente anacronistica. Secondo un sondaggio della BSA (British Social Attitudes), nel 2025 solo il 58 % dei britannici si dichiara favorevole al mantenimento della monarchia, mentre tra i giovani fra i 16 e i 34 anni il 59 % preferirebbe un capo di Stato eletto (1).

Finché Carlo sarà vivo, il Regno è salvo: nessun leader repubblicano sarà così avventato e sciocco da organizzare sommosse destinate a fallire. Deporre un re malato verrebbe percepito come un atto di cinismo, e perfino i rivoluzionari, oggi, devono attenersi a un’etica dell’immagine. Meglio non bruciarsi una probabile base di sostegno utilizzabile in un futuro non troppo lontano. Carlo, naturalmente, ne è perfettamente consapevole, ma sa anche quanto i suoi successori, soprattutto George, si trovino in un equilibrio precario. Forse la loro vita non è in pericolo - l’etica europea, dopo tutto, è mutata rispetto ai tempi della Rivoluzione francese e quella d’Ottobre - ma il loro potere sì. Carlo, tuttavia, sembra comprendere meglio di molti predecessori la dimensione geopolitica del simbolo: da decenni si muove come un “monarca-diplomatico”, attento a temi meno “divisivi” e polarizzanti: ecologia, dialogo interreligioso e soft power culturale. La domanda è: riuscirà questa strategia a contrastare la progressiva perdita di unità nazionale? Una blanda “moral authority” basterà a scoraggiare gli emuli di Oliver Cromwell? Questa strategia sarà vincente anche quando George sarà re e ci saranno ulteriori frizioni sociali? 

Difficile dirlo, per ora, nessun dossier preoccupa Buckingham Palace più di quello irlandese. Secondo il censimento del 2021, il 45,7% della popolazione nordirlandese è cattolico, mentre il 43,48 è protestante o di altre confessioni cristiane. Nel censimento del 2011, i protestanti erano ancora la maggioranza (48% contro il 45% dei cattolici). Il sorpasso, previsto da tempo dagli statistici, è il risultato di decenni di differenziali nei tassi di natalità e di un progressivo mutamento generazionale (2). 

Pochi giorni fa, l’elezione di Catherine Connolly alla presidenza della Repubblica – una figura indipendente ma sostenuta dallo Sinn Féin e da forze di sinistra – ha consolidato il clima di incertezza. Connolly non ha mai nascosto la sua simpatia per un referendum sull’unificazione irlandese entro la prossima decade. Nell’isola, parlare di confine è tornato ad essere possibile. Un’Irlanda del Nord percepita come cattolica renderebbe sempre più fragile la figura di un sovrano anglicano “difensore della fede” in un Regno che non condivide più una fede comune. Da qui l’operazione-Vaticano: un gesto d’apertura volto a depotenziare la frattura confessionale e a mostrare che la corona può essere garante anche per i cattolici.

Ma l’Irlanda non è l’unico fronte sensibile. A nord, la Scozia rappresenta una ulteriore crepa dell’unità britannica. La Scozia è oggi più secolarizzata rispetto al resto del Regno: la Chiesa di Scozia (presbiteriana) ha perso parte del suo antico peso sociale, mentre il cattolicesimo, radicato soprattutto nelle aree urbane per ragioni storiche, ha una presenza tutt’altro che trascurabile. Questo pluralismo religioso e il crescente numero di non atei e agnostici rendono la narrativa monarchica meno vincolata all’anglicanesimo e più bisognosa di un linguaggio civile e inclusivo. Come se non bastasse, la spinta indipendentista, indebolita dopo il referendum del 2014, si è riattivata negli anni post-Brexit: Edimburgo guarda con crescente nostalgia all’Europa continentale, percepita come il proprio spazio naturale di riferimento. Ovviamente, questa vicinanza è anche strumentalmente amplificata da chi manovra nell’ombra, cercando di fomentare le istanze indipendentiste. Carlo lo sa, e tenta di reagire con il linguaggio universale del dialogo e dell’ecumenismo: un re meno inglese ed anglicano, più europeo, che rispolvera i legami familiari col cattolicesimo e perfino con gli ortodossi (suo padre crebbe nella fede ortodossa), un re che prova a custodire un’unità ormai più morale che religiosa.

Per il momento, questa strategia funziona: la stampa è distratta, l’opinione pubblica commossa, e la figura del re più solida di qualche mese fa. Ma il tempo lavora contro di lui. Quando la biologia e la geografia torneranno a bussare, nessuna preghiera potrà fermare la storia.








RIFERIMENTI: 

1- https://natcen.ac.uk/news/public-support-monarchy-falls-historic-low-while-calls-abolition-start-rise

2- https://www.radiodublino.com/cresce-la-popolazione-cattolica-in-irlanda-del-nord-superati-i-protestanti/


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